Il Tabacco Rende Più “Dipendenti” Alla Marijuana?
Published :
Nov 21, 2016
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Notizie sulla Marijuana
La marijuana crea dipendenza? La risposta rimane non definitiva, in un momento in cui molti Paesi a livello mondiale sono sulla soglia di un qualche tipo di legalizzazione. La risposta, per adesso almeno, sembra ancora dipendere da chi fa la domanda ed in che modo. Negli USA, l'Istituto nazionale sull'abuso di droghe (National Institute on Drug Abuse, NIDA) continua a dargli giù duro sul tema della dipendenza. In questo momento, mentre gli Stati continuano a legalizzare uno dopo l'altro, ed il Canada va verso la legalizzazione dell'uso ricreativo, quest'argomento crea un dibattito incandescente.
In Europa, la questione rappresenta un rompicapo come dappertutto altrove. Recentemente, dei ricercatori dello University College di Londra hanno aggiunto peso alla lista degli argomenti negativi con un nuovo colpo di scena. Il loro studio, pubblicato quest'estate in Inghilterra, ha concluso che la marijuana mischiata con tabacco, che è un diffusissimo metodo di assunzione specialmente in Europa, diminuisce la motivazione a cessare l'uso di entrambi.
PARAGONANDO MELE CON ARANCE?
“Non C'è Fumo Senza Tabacco”, pubblicato in “Frontiers in Psychiatry Journal” (“Frontiere della Psichiatria”, NdT), ha ammesso fin da subito che la cannabis crea meno dipendenza del tabacco. Ha anche scoperto che dei 33.687 consumatori intervistati in 18 Paesi, coloro che usano solo cannabis anziché una miscela di cannabis e tabacco sono molto più propensi a rivolgersi ad un aiuto professionale per smettere. Il che non è sorprendente, se si considera che una delle principali ragioni per l'uso di nicotina o cannabis è quella di calmare ansietà o dolore – e fra le due, la cannabis è di gran lunga la droga più efficace.
I ricercatori hanno anche osservato che fra il 77,2% ed il 90,9% dei consumatori di cannabis in Europa mischiano tabacco e cannabis, mentre in altre regioni del pianeta è molto più difficile determinare questo tipo di modello comportamentale. In Australia, solo il 51,6% dei consumatori di cannabis la mischiano con tabacco. Nelle Americhe, solo il 16,6% di Canadesi, ed il 4,4% negli USA, li mischiano insieme. Questo modello di utilizzo è in parte culturale ed in parte economico: nella maggior parte dell'Europa, a parte l'Olanda, non soltanto la cannabis è più costosa, ma il crollo nell'uso di tabacco è stato minore (sebbene anche questo stia cambiando). Allo stesso modo l'hashish, anch'esso molto più diffuso in Europa, è frequentemente mescolato con tabacco.
Anche questa tendenza potrebbe cambiare su scala regionale a patire dall'anno prossimo, quando è previsto sia che la Germania riclassifichi la cannabis come sostanza medicinale legittima, sia che ne istituisca la copertura da parte dell'assicurazione sanitaria.
Gli autori dello studio britannico, infatti, hanno anche suggerito in maniera specifica che delle ricerche alternative dovrebbero essere condotte per incoraggiare i consumatori di cannabis, anziché a smettere del tutto, a passare piuttosto a forme di assunzione alternative, inclusa la vaporizzazione. Gli studiosi al timone dell'inchiesta, che comprendono ricercatori del Servizio sanitario nazionale britannico, l'Università del Queensland, ed il King's College di Londra risolutamente anti-cannabis, hanno anche specificamente esaminato il modo in cui i consumatori assumono la cannabis quando prendono in considerazione i potenziali effetti nocivi sulla salute. Eppure, in quello che appare come un cambio epocale nella maniera in cui i ricercatori stanno cominciando a capire le ragioni dell'uso della cannabis, Michael Lynskey, professore di Tossicodipendenze al King's, ha detto a proposito di questo studio: “I nostri risultati sottolineano l'importanza delle vie di somministrazione quando si considerino gli effetti della cannabis sulla salute”.
SECONDO LE CIFRE
Nella misura in cui si possono trovare delle reali risposte, se non proprio dei colpevoli, per quanto riguarda la dipendenza, la ricerca esistente (che per ovvie ragioni è molto più estesa sul tabacco che sulla cannabis) è molto chiara. La nicotina contenuta nel tabacco è altamente generatrice di “dipendenza”, a causa del suo impatto sulle funzioni dell'organismo: stimola l'attività mentale, il flusso sanguigno, e si ritiene anche che riduca il dolore. In effetti, questa sostanza è stata paragonata all'eroina – essendo la nicotina quella tra le due che produce più dipendenza. Paragonata agli oppiacei – la droga più usata nel trattamento del dolore cronico – non solo la cannabis si sta dimostrando ora più efficace, ma coloro che ne fanno uso riescono anche, dopo il passaggio ad un trattamento basato sui cannabinoidi, a smettere di usare antidolorifici a base di oppiacei. Ed in effetti, un dato proveniente dagli Stati Uniti mostra una riduzione drastica delle overdosi mortali da oppiacei: -25% un anno dopo la legalizzazione, in ogni Stato in cui si è approvato l'uso terapeutico.
Nella misura in cui degli studi obiettivi hanno potuto essere condotti sulla questione della “dipendenza” dalla cannabis, “grazie” alla persistente stigmatizzazione della guerra alle droghe, si è trovato che i cannabinoidi in generale, ed il THC in particolare, provocano molta meno “dipendenza” di eroina ed oppiacei. Nonostante una predeterminazione causata dai parametri utilizzati in questi studi, e dalla maniera in cui tali studi sono condotti, i ricercatori, finanziati dal governo degli USA, hanno concluso che solo il 9% dei consumatori di cannabis (nel complesso) mostrano segni chiari di “dipendenza”. Finora, nessuno studio di nessun organismo finanziato da fondi governativi ha mai preso in considerazione la questione della “dipendenza” avendo fatto la distinzione fra coloro che fanno uso della sola cannabis, manifestamente per uso ricreativo piuttosto che per ragioni “terapeutiche”.
Gli autori del recente studio britannico ammettono perfino che “molta della ricerca che indaga sull'uso di cannabis e tabacco soffre della sua incapacità a districare l'uso associato di cannabis e tabacco... e c'è una carenza di dati disponibili per districarlo”.
IL “MALE” MINORE
La domanda che ci si pone sulla “dipendenza” è in sé una domanda trabocchetto. Il sorgere di studi seri sulla cannabis come medicina è ancora ai suoi albori. Finora, Israele è all'avanguardia della ricerca sui cannabinoidi, ed i risultati fino a questo punto sono spettacolari; e ciò, su un ventaglio di patologie croniche che nessun'altra droga è capace di trattare con la stessa efficacia. Effettivamente, l'anno scorso dei ricercatori israeliani hanno scoperto che l'uso di cannabis può frenare drasticamente il diffondersi del cancro e far ridurre le dimensioni dei tumori. In questo contesto, la questione della “dipendenza” da qualunque cannabinoide – senza parlare di quando la droga è usata per controllare il dolore o arrestare gli spasmi dovuti a disturbi del movimento – è niente meno che ridicola.
Medici di tutti i Paesi, compresa l'UE, stanno anche giungendo alla conclusione che la cannabis, specialmente se usata sotto supervisione medica, è la più efficace – e meno generatrice di dipendenza – medicina sul pianeta.
In futuro, man mano che la marijuana in quanto medicina diventa socialmente e medicalmente accettata, la domanda posta dalle ricerche potrebbe benissimo essere, non già “la marijuana crea dipendenza?”, ma piuttosto “come accidenti abbiamo potuto restare ciechi fino a questo punto davanti ai così tanti benefici di un uso regolare, se non addirittura più di una volta al giorno?”